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Manga Generi

Manga Generi

Gli appassionati sapranno sicuramente che esistono molti generi di manga. Spesso, determinare a quale categoria appartiene un’opera specifica non è facile a causa di diverse sfumature legate alle tematiche trattate e al modo in cui esse vengono proposte. In questo articolo vi diamo una linea guida da seguire per aiutarvi a capire meglio i target di pubblico in cui si suddividono i fumetti giapponesi.

Il primo fra i generi di manga è il kodomo, che significa letteralmente “bambino”. Si tratta di opere che si rivolgono ad un pubblico molto giovane, in particolare bambini delle elementari. Le storie sono molto semplice, facili da leggere e prive di qualunque forma di violenza. Sono tendenzialmente comiche, con qualche scena d’azione soft. Alcuni esempi sono: Pokemon, Doraemon e Yokai Watch.

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Ci sono poi gli shonen, ovvero i manga che puntano ai ragazzi (più precisamente dagli 11 ai 21 anni). L’ampia fascia d’età che copre questa categoria dà spesso origine ad errori d’interpretazione. Le tematiche, infatti sono piuttosto variegate, tanto che esistono diversi sottogeneri per target più specifici. Non a caso si tratta anche della categoria più commerciale, alla quale appartengono opere come: Dragon Ball, One Piece, Naruto, Beasters e L’Attacco dei Giganti.

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La controparte femminile dello shonen è lo shojo. La fascia d’età del target di riferimento è la stessa ma le storie affrontano tematiche più inclini al gusto delle donne. Ciò non significa che si parla solo di storie d’amore (come viene spesso erroneamente etichettato questo genere), infatti sono anche presenti manga d’azione, tuttavia esposti con una maggiore sensibilità. Appartengono a questi generi di manga: Sailor Moon, Lady Oscar, Magic Knight Rayearth.

Per il pubblico di giovani adulti, cioè quello che va dai 20 anni in poi, c’è il seinen. Qui le tematiche vengono proposte in modo più diretto, con scene di violenza e di sesso molto esplicite. Naturalmente possono essere presenti anche fumetti comici, ma comunque trattati con un linguaggio più adulto. Esempi classici del genere sono: Berserk e Gantz, ma anche One-Punch Man e Tokyo Ghoul.

Esiste poi il josei, che non è altro che la variante dedicata alle donne del seinen. A farla da padrone qui sono le storie d’amore, sia etero che omosessuali, contraddistinte da scene piuttosto esplicite. Appartengono a questa categoria manga come: Clover, Nodame Cantabile, Tokyo Alice, Chihayafuru, Happy Marriage.

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Negli ultimi due generi per giovani adulti c’è anche un’altra caratteristica distintiva, ovvero la presenza dei Furigana. Si tratta di piccoli caratteri in Hiragana sui Kanji, che offrono una lettura più complessa, proprio perché si presume che chi legge tali storie abbia finito il proprio ciclo formativo.

La cultura nipponica si basa su regole e rituali molto rigidi. Per uno straniero può essere difficile, ecco dunque alcuni consigli da seguire.Shonen, seinen, shojo: alla scoperta dei principali generi e Manga Shonen, seinen, shojo: termini ormai quotidiani per chiunque sia appassionato di manga e . Ma di cosa si tratta esattamente?

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Shonen, shojo, seinen: che confusione! Il legame ultra-decennale che il nostro Paese ha con l'entertainment nipponico ha fatto sì che determinate parole, come quelle che abbiamo elencato qualche riga su, siano oramai entrate a far parte del nostro linguaggio. Ma che cosa significano esattamente questi termini? A differenza di quanto si ritiene comunemente queste espressioni non si riferiscono a dei generi precisi. Ricordiamo infatti che un genere è una forma codificata di espressione narrativa (o grafica) utilizzata per facilitarne la classificazione e l'analisi critica. Esempi nell'ambito del fumetto nipponico sono lo spokon, termine con cui si intende una serie ambientata nel mondo dello sport e che ha per protagonisti degli atleti (citiamo almeno il celeberrimo Capitan Tsubasa, alias Holly e Benji) , il mecha che indica quelle opere fantascientifiche in cui sono centrali robot di grandi dimensioni e i loro piloti (Il Grande Mazinger), lo yaoi che riguarda situazioni erotiche o sentimentali omosessuali maschili raccontate quasi sempre da donne, il bara anch'esso basato su relazioni omosessuali maschili ma viste da autori uomini gay o il battle shonen, manga action basato sui combattimenti, su giovani guerrieri che si allenano per diventare sempre più forti e affrontare nemici sempre più potenti e agguerriti (un esempio per tutti, l'amato Dragon Ball, padre del battle shonen moderno). Pur con tutte le differenze del caso, uno spokon tenderà ad avere caratteristiche di base che lo avvicineranno, in termini di linguaggio narrativo, ad ogni altro spokon, esattamente come un horror per poter essere definito tale dovrà essere costruito su una serie di elementi di base irrinunciabili. Shonen, seinen e così via non rappresentano però dei generi, non hanno nulla a che fare con l'argomento o lo stile di una narrazione ma indicano invece per convenzione i target demografici di riferimento delle riviste di manga pubblicate in Giappone: la loro importanza è cruciale, essendo il sistema fumettistico nipponico basato su di esse. L'equivoco nasce proprio da questo: una serie incentrata su scontri fisici è in teoria rivolta a un pubblico di ragazzi e una commedia romantica è vista come un qualcosa di più femminile, ma la divisione non è per nulla rigida, anzi come vedremo si fa sempre più sfumata di anno in anno.

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Shonen in giapponese si può tradurre con ragazzo e, come gli altri termini che citeremo d'ora in avanti, non si riferisce a un genere bensì a un target demografico: prima di essere raccolte in volumi chiamati tankobon ,le serie shonen come Boruto, The Promised Neverland, ONE PIECE e così via sono pubblicate su riviste dedicate come Weekly Shonen Magazine, Weekly Shonen Sunday, Shonen Club (di cui esisteva anche la versione per ragazze chiamata Shojo Club), Shonen Sekai o la popolarissima Weekly Shonen Jump, tutte rivolte a un bacino di utenza composto da maschi di età compresa tra gli undici e i quindici anni di età. Queste riviste, nate fra la fine degli anni Cinquanta e la metà del decennio seguente, (Shonen Sekai e Shonen Club risalgono addirittura agli inizi del Novecento) sono fra le più antiche in assoluto dedicate ai manga, il che è logico dal momento che il termine manga - introdotto nel diciottesimo secolo da artisti come Santo Kyoden e Aikawa Minwa e poi ripreso dal grande autore Hokusai nel 1800 - vuol dire più o meno immagini disimpegnate e fu utilizzato a partire dalla seconda metà del XX secolo per indicare quella forma di narrazione per immagini destinata ad un pubblico di fanciulli, quindi semplice sia da un punto di vista grafico che da quello narrativo. Convenzionalmente, queste caratteristiche vengono fatte risalire all'attività di Osamu Tezuka, il dio dei manga che tanta parte ha avuto nel plasmare l'immaginario fumettistico nipponico e mondiale (noto è infatti il debito artistico che la Disney ha nei suoi confronti). In un certo senso, si può dunque affermare che lo shonen sia stata la prima tipologia di manga e non sorprende quindi che, dopo tanti anni, siano così numerosi i sottogeneri che ricadono in questa etichetta come i già citati spokon, battle e mecha, a cui dobbiamo aggiungere almeno il suriraa (che corrisponde più o meno al nostro genere thriller), il meitantei (una specie di poliziesco), la fantascienza e il fantasy.

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In genere si ritiene che i manga shonen siano basati su protagonisti di sesso maschile che inseguono un obiettivo e che affrontano diverse sfide per migliorarsi; se a questo aggiungiamo una trama lineare suddivisa in saghe e l'assenza di tematiche di tipo amoroso, ecco che avremo raccolto assieme tutti i luoghi comuni sullo shonen. Il già citato Dragon Ball, One Piece, Saint Seiya, Naruto, Hunter X Hunter, Capitan Tsubasa, Slam Dunk, Touch, Video Girl Ai, sono tutti esempi di shonen di sucesso. Tuttavia i temi affrontati, i livelli di lettura e la struttura narrativa non rappresentano più un buon indicatore, e negli ultimi anni le riviste destinate ai ragazzi sono finite con l'ospitare sulle proprie pagine serie cruente come Re/member, complesse come L'attacco dei giganti, basate su dinamiche sentimentali come Toradora o su tematiche delicate come il bullismo e la disabilità (com'è il caso di A silent voice di Yoshitoki Oima) o addirittura aventi una ragazza per protagonista come accade in The Promised Neverland. I tempi cambiano, per fortuna.

Shojo significa ragazza. La parola bishojo indica una ragazza giovane e bella, dai diciotto anni in giù, dotata di aspetto e personalità idealizzati, mentre i bishonen sono giovani ragazzi femminei nei modi e nei lineamenti. Ritroviamo entrambi questi modelli in molte opere, e in particolare in quelle destinate alle ragazze, tipicamente ricche di soluzioni grafiche simboliche caratteristiche, come ad esempio le celebri decorazioni floreali.

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È il concetto di shojo, al pari dello shonen e forse anche di più, da tempo immemorabile fonte di equivoci: nel mondo, specialmente nel nostro Paese, grande consumatore di prodotti di intrattenimento nipponici, si tende a identificare con il termine shojo qualsiasi serie che abbia in sé importanti tematiche sentimentali, laddove si ritiene erroneamente che i manga destinati a un pubblico di maschietti ne siano privi. In realtà ribadiamo ancora una volta che la parola shojo si riferisce al target, il pubblico di riferimento per il quale sono pensate riviste come Shukan Margaret, Ciao, Princess e Seventeen, e anche in

Shonen in giapponese si può tradurre con ragazzo e, come gli altri termini che citeremo d'ora in avanti, non si riferisce a un genere bensì a un target demografico: prima di essere raccolte in volumi chiamati tankobon ,le serie shonen come Boruto, The Promised Neverland, ONE PIECE e così via sono pubblicate su riviste dedicate come Weekly Shonen Magazine, Weekly Shonen Sunday, Shonen Club (di cui esisteva anche la versione per ragazze chiamata Shojo Club), Shonen Sekai o la popolarissima Weekly Shonen Jump, tutte rivolte a un bacino di utenza composto da maschi di età compresa tra gli undici e i quindici anni di età. Queste riviste, nate fra la fine degli anni Cinquanta e la metà del decennio seguente, (Shonen Sekai e Shonen Club risalgono addirittura agli inizi del Novecento) sono fra le più antiche in assoluto dedicate ai manga, il che è logico dal momento che il termine manga - introdotto nel diciottesimo secolo da artisti come Santo Kyoden e Aikawa Minwa e poi ripreso dal grande autore Hokusai nel 1800 - vuol dire più o meno immagini disimpegnate e fu utilizzato a partire dalla seconda metà del XX secolo per indicare quella forma di narrazione per immagini destinata ad un pubblico di fanciulli, quindi semplice sia da un punto di vista grafico che da quello narrativo. Convenzionalmente, queste caratteristiche vengono fatte risalire all'attività di Osamu Tezuka, il dio dei manga che tanta parte ha avuto nel plasmare l'immaginario fumettistico nipponico e mondiale (noto è infatti il debito artistico che la Disney ha nei suoi confronti). In un certo senso, si può dunque affermare che lo shonen sia stata la prima tipologia di manga e non sorprende quindi che, dopo tanti anni, siano così numerosi i sottogeneri che ricadono in questa etichetta come i già citati spokon, battle e mecha, a cui dobbiamo aggiungere almeno il suriraa (che corrisponde più o meno al nostro genere thriller), il meitantei (una specie di poliziesco), la fantascienza e il fantasy.

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In genere si ritiene che i manga shonen siano basati su protagonisti di sesso maschile che inseguono un obiettivo e che affrontano diverse sfide per migliorarsi; se a questo aggiungiamo una trama lineare suddivisa in saghe e l'assenza di tematiche di tipo amoroso, ecco che avremo raccolto assieme tutti i luoghi comuni sullo shonen. Il già citato Dragon Ball, One Piece, Saint Seiya, Naruto, Hunter X Hunter, Capitan Tsubasa, Slam Dunk, Touch, Video Girl Ai, sono tutti esempi di shonen di sucesso. Tuttavia i temi affrontati, i livelli di lettura e la struttura narrativa non rappresentano più un buon indicatore, e negli ultimi anni le riviste destinate ai ragazzi sono finite con l'ospitare sulle proprie pagine serie cruente come Re/member, complesse come L'attacco dei giganti, basate su dinamiche sentimentali come Toradora o su tematiche delicate come il bullismo e la disabilità (com'è il caso di A silent voice di Yoshitoki Oima) o addirittura aventi una ragazza per protagonista come accade in The Promised Neverland. I tempi cambiano, per fortuna.

Shojo significa ragazza. La parola bishojo indica una ragazza giovane e bella, dai diciotto anni in giù, dotata di aspetto e personalità idealizzati, mentre i bishonen sono giovani ragazzi femminei nei modi e nei lineamenti. Ritroviamo entrambi questi modelli in molte opere, e in particolare in quelle destinate alle ragazze, tipicamente ricche di soluzioni grafiche simboliche caratteristiche, come ad esempio le celebri decorazioni floreali.

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È il concetto di shojo, al pari dello shonen e forse anche di più, da tempo immemorabile fonte di equivoci: nel mondo, specialmente nel nostro Paese, grande consumatore di prodotti di intrattenimento nipponici, si tende a identificare con il termine shojo qualsiasi serie che abbia in sé importanti tematiche sentimentali, laddove si ritiene erroneamente che i manga destinati a un pubblico di maschietti ne siano privi. In realtà ribadiamo ancora una volta che la parola shojo si riferisce al target, il pubblico di riferimento per il quale sono pensate riviste come Shukan Margaret, Ciao, Princess e Seventeen, e anche in

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